• Pubblicata il
  • Autore: Matteo
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AMARCORD - Siracusa Trasgressiva

Chi, di noi maschietti, non si è sognato, da ragazzini, di toccare le tette alla proprietaria di qualche negozio che amava tenerle in bella vista?
Le fantasie sono sempre le fantasie, a sedici anni poi, figuriamoci. Tralascio il nome, per correttezza, della signora che al tempo aveva due tette meravigliose. Era proprietaria di un negozio di alimentari, amava indossare magliette scollacciate per mostrare quel ben di dio. Lo faceva con eleganza e, con altrettanta eleganza io, come chissà quanti altri, fiondavamo i nostri occhietti furbetti tra quella carne. Col tempo mi resi conto che oltre alla tette, la signora in questione, aveva anche altro: un culo e una faccia. Il primo niente di che, ma pur sempre palpabile, la seconda da porca. E, i suoi occhi,infatti, non mentivano.
Al tempo quella carne non era roba per noi, ma nel corso degli anni, capii che la signora non gradiva i giovanissimi, ma i giovani.
E dunque gli anni passarono, mi feci più ometto, l'uccello acquistò, giustamente, qualche centimetro e gli ormoni si scatenarono ancora di più, non più col pensiero, ma trovarono una loro finalità con l'altro sesso. Ma, i "pallini", rimangono sempre i, "pallini"; restano appiccicati alla mente come lo sperma sul foglio scottex alla fine di un momento goliardico.
Gira, rimbalza e rotola, dopo anni, ho ritrovato quella signora, non più nel solito negozio, però, in altro: un tabacchi. E che vuoi, quando si cresce si fanno errori grossi: il fumo, per esempio. Fatto è, che io ero si, cresciuto, ma anche la signora, la quale non aveva perso la solita abitudine a mostrare le tette, anche rifatte.
Quando uscii dal negozio, la prima volta che la rincontrai, feci un calcolo di quanti anni potesse avere e giunsi alla conclusione che quelli che ci potevano separare erano una ventina.
Inutile dire che, da quel giorno, l'acquisto del pacchetto lo feci lì. Inutile dire che, da quel giorno, iniziò un corteggiamento a martello. E lei, il mio chiodo, rispondeva bene.
Quando capii che sarebbe bastato trovare il momento giusto, mi fissai nel capo di presentarmi da lei a negozio chiuso. Infatti, il mercoledì, prima delle quattro di pomeriggio, la signora si trovava in negozio per rifocillare gli scaffali della roba mancante. E, a me, quel mercoledì pomeriggio, mancavano le sigarette. Senza fumo si muore, eh.
Galeotta fu l'apertura, solo per me, del negozio.
Vomitai tutto appena terminati i soliti convenevoli di corteggiamento. Tutto quello che mi aveva suscitato nel periodo dei miei pruriti adolescenziali, tutto quello che avevo sempre pensato di lei. Così, come un cretino, mi trovai a farle la richiesta più cretina del mondo: quella di farmi vedere le tette. Le si scompisciò dalle risate, mi disse che ero tutto matto. Mi fissò negli occhi. Ma, alla fine, si slacciò la camicetta. Sulla sua faccia si disegnò un sorriso sornione.
"Soddisfatto, ora?", chiese lei
E visto che ormai c'ero: "allora fammele tocca'", aggiunsi subito
Mi rispose: "tieni, toccale", sporgendosi in avanti. Palpai bene, e quando mi sentii crescere l'uccello nei pantaloni, la portai, stringendola, verso di me. Mi fiondai sul collo leccandolo.
Lei ripeteva di farla finita, che ero matto, ma non si allontanava. Ci trovammo faccia a faccia, ci guardammo negli occhi per qualche secondo e poi le infilai la lingua in bocca.
Le passai la lingua sui capezzoli turgidi, lei si lasciò andare toccandomi il pacco, cercò la fibbia della cintola. Si fermò di botto. Mi prese per mano e mi portò sul retro, in magazzino. Ero eccitato. Me lo prese in bocca con una voracità mai vista, leccando prima le palle. Qualche secondo e ci trovammo in terra, nudi. Mi supplicò di scoparla a pecora e io non me lo feci dire due volte. Gemeva, la passera umida e calda da morire. Cercai il buco del culo, ma non volle provare. Mentre la sbattevo come una cagna, provai ancora ad entrare nel culo col dito, ma niente. Quando mi disse che stava per venire, presa com'era dal momento, riprovai. Sentivo le contrazioni stringere il dito, era andata. Mi fece impazzire al punto che dovetti venire anch'io. Si girò, mi prese l'uccello tra le amate tette di sempre e mi fece schizzare arrivandole fino alla bocca. Rimanemmo in terra.
Aprii il pacchetto nuovo e m'infilai la sigaretta in bocca.
"Che dici?" chiese lei
Girai la testa, guancia sul pavimento: "ammazza, sei in forma, eh"
"Gallina vecchia fa buon brodo", rispose lei, ridendo
"E gallo giovane fa buon sbrodo", conclusi io.
Fumammo insieme.

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